Le teste delle campane all’improvviso, dopo tutto quell’ondeggiare, si ritrovarono a guardare il mondo da un’altra prospettiva.
Non più cieli, stelle, nuvole e rondini ma polvere, sassi e svolazzanti rifiuti.
Sbigottite guardavano le campane ormai rotte, il batacchio schiacciato per terra, senza più la possibilità di dondolare e suonare il magnifico scampanio, il richiamo alla festa.
Dopo un po’ si abituarono a guardare questa parte del mondo e cominciarono a capire che anche qui c’era del buono e del bello.
Passavano persone, non molte, ma potevano finalmente vedere le facce degli uomini… da lassù si vedevano solo le loro teste.
Potevano sentire le loro voci… da lassù sentivano solo un brusio indistinto e uniforme.
Alcuni volti erano tristi, preoccupati, seri e pensierosi. Si capiva che la loro testa lavorava e cercava di trovare una soluzione che sicuramente sarebbe arrivata grazie alla loro determinazione e caparbietà.
Era passata anche qualche faccia non pulita, forse troppe, ma quelli erano andati e non si vedevano più.
Alcuni erano stati cacciati, alcuni indagati e magari qualcuno sarà stato anche punito per le sue colpe… magari, alcuni semplicemente non erano più interessati a quella parte di mondo.
Ormai le teste delle campane avevano acquisito una incredibile sensibilità a riconoscere i “buoni” dai “ cattivi” e ovviamente facevano il tifo per quelli buoni che stavano di nuovo aumentando, avevano voci cristalline e limpide, le loro parole davano coraggio e speranza.
E così la nuova prospettiva sembrò loro meno amara, guardando la torre lassù, sbreccata anche lei, decisero che valeva la pena continuare il resto della loro esistenza ad un livello più basso e magari, anzi speravano, molto presto, avrebbero gradito farsi sostituire lassù da teste e campane più nuove.
In fondo loro erano lì addirittura da più di 200 anni!
Poterono così di nuovo vedere la piazza piena di gente con facce sorridenti mentre lo scampanio delle nuove campane invitava alla festa e… grazie all’impegno dei cosiddetti “ buoni” non ebbero più davanti agli occhi questa piazza piena di pietre e detriti.
Angela Maria Russo – L’Aquila, Estate 2010